#WeeklyUpdates | Parità di genere ed Equal Pay
La data odierna è universalmente riconosciuta come la “festa delle donne”.
Ciò nonostante, ancora grande è il divario intercorrente tra l’uomo e la donna, soprattutto sul posto di lavoro e sull’erogazione salariale.
La presente disamina si incentra sulla tematica del cd “EQUAL PAY”, la parità di retribuzione tra la figura maschile e la figura femminile.
Il primo dato da cui prendere le mosse, al fine di un più corretto e generale inquadramento della tematica, è certamente la Carta Costituzionale.
Quest’ultima, all’art. 37, stabilisce chiaramente: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore ”. A ben vedere, dunque, partendo dalla base normativa e legislativa del nostro ordinamento, la parificazione retributiva fa da fulcro all’erogazione delle prestazioni lavorative.
Le lavoratrici donne hanno diritto alla percezione della stessa retribuzione concessa ai lavoratori uomini, purché, naturalmente, parificate siano le ore lavorative e le mansioni da effettivamente svolgere.
Nonostante la parificazione costituzionalmente prevista, di fatto le retribuzioni tra lavoratori e lavoratrici continuano ad vere importanti oscillazioni, ricadendo negativamente ed integralmente sulla figura femminile.
Per citare alcuni dati, estrapolati dalla “Elaborazione Federconsumatori su dati Istat e Osservatorio JobPricing” del 2019, nei principali settori lavorativi del nostro paese il divario può raggiungere percentuali anche elevate: disparita del 12% nel settore terziario, del 10% nel settore di Media & Telecomunicazioni, del 18% nel settore industriale ed edile, del 20% nel settore finanziario.
Prendendo spunto dai dati appena riportati, è palese, dunque, la grande disparità lavorativa intercorrente tra il lavoratore e la lavoratrice.
Tuttavia, il legislatore degli ultimi anni, volendo sempre di più correre ai ripari da eventuali discriminazioni, salariali e non, tra la figura maschile e quella femminile, ha operato un intervento legislativo di non poco conto, tradottosi nell’emanazione della legge del 5 novembre 2021, n. 162.
Il provvedimento legislativo in questione ha inteso rafforzare il nucleo di tutele delineato dal Codice delle Pari Opportunità (D.lgs. N. 198/2006), intervenendo, simultaneamente, sia con finalità di modificazione che con finalità introduttive e consta di 6 articoli:
Art. 1 – Relazione sull’ attuazione della parità e pari opportunità: con tale articolo, il cui scopo è quello di integrare l’art. 20 del D. Lgs. N. 198/2006, viene elaborata una vera e propria rete di monitoraggio e controllo sull’attuazione delle misure per le pari opportunità.
Ogni biennio, il consigliere nazionale di parità sarà tenuto a presentare alle Camere la relazione sul monitoraggio e la verifica degli effetti del Codice.
Nella relazione si terrà conto di quanto indicato nel rapporto che il consigliere deve presentare annualmente al Ministero del Lavoro, sulla base delle indicazioni fornite entro il 31/12 di ciascun anno dai consiglieri regionali e delle città metropolitane.
Art. 2 – Ampliamento della nozione di discriminazione diretta e indiretta: il nuovo articolo 25 del D.Lgs. n. 198/2006, cosi come modificato dal presente art. 2 L. 162/2021, chiarisce e amplia i comportamenti che costituiscono discriminazione di genere.
Al primo comma dell’articolo, tenendo ferma la nozione di discriminazione diretta come qualsiasi disposizione, criterio, prassi, atto, patto o comportamento, viene evidenziata espressamente la discriminazione in ragione del sesso riguardante “le candidate e i candidati in fase di selezione del personale”.
Al secondo comma, riguardante la discriminazione indiretta intesa come atto apparentemente neutro ma che, effettivamente, pone i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di svantaggio rispetto a lavoratori dell’altro sesso, viene ugualmente fatto espresso riferimento alla discriminazione dei “candidati in fase di selezione”.
La nuova legge, inoltre, sostituisce totalmente il comma 2-bis dell’art. 25, con disposizioni più ampie di quelle precedenti stabilendo che “costituisce discriminazione ogni trattamento o modifica dell’organizzazione, delle condizioni e dei tempi di lavoro che, in ragione del sesso, dell’età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti, pone o può porre il lavoratore in almeno una delle seguenti condizioni: a) posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori; b) limitazione delle opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali; c) limitazione dell’accesso ai meccanismi di avanzamento e di progressione nella carriera“;
Art. 3 – Rapporto aziendale sulle pari opportunità: l’articolo in questione ha modificato l’art. 46 del Codice delle Pari opportunità, estendendo l’obbligo biennale di presentazione del rapporto sulla situazione dell’occupazione maschile e femminile alle aziende con oltre 50 dipendenti (e non più 100 come in passato) e viene introdotta la facoltà di redigere tale documento anche alle aziende con meno di 50 dipendenti (Art. 46 comma 1 – bis).
Il rapporto deve essere redatto esclusivamente in modalità telematica attraverso il form predisposto dal Ministero e trasmesso alle Rappresentanze Sindacali Aziendali. Il consigliere regionale è tenuto a trasmettere i risultati derivanti dall’elaborazione dei rapporti aziendali alla sede INL territorialmente competente.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali darà poi evidenza nel proprio sito web sia delle aziende che trasmetteranno il rapporto, che di quelle che non avranno adempiuto.
L’ Ispettorato Nazionale del Lavoro verificherà la veridicità dei rapporti e in caso di contenuto mendace o incompleto irrogherà sanzione amministrativa.
Art. 4 – Certificazione della parità di genere: il nuovo art. 46-bis istituisce, a partire dal 1° gennaio 2022, la cd. “Certificazione della parità di genere”, al fine di attestare le misure concrete adottate dalle aziende per ridurre il divario di genere in relazione all’opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alla politiche di gestione delle differenze di genere, e alla tutela della maternità.
Ad un d.P.C.M., poi, di concerto con il Ministro del lavoro, è rimessa la fissazione dei parametri minimi e delle modalità di acquisizione della certificazione nonché delle modalità di coinvolgimento delle rappresentanze sindacali; l’elemento in questione rappresenta il più importante dato di riforma introdotto con la legge 162/2021.
Art. 5 – “ Premialità di parità “, il premio per le aziende virtuose: all’introduzione della Certificazione di parità viene accompagnata una “Premialità di parità” per l’anno 2022, consistente in un incentivo sotto forma di esonero contributivo determinato in una misura non superiore all’1%, comunque rientrante nel limite massimo di 50.000 euro annui par ciascuna azienda in possesso della certificazione per l’intero anno 2022, previa emanazione del decreto attuativo del Ministro del lavoro entro il 31 gennaio del 2022.
Inoltre alle aziende in possesso del certificato di parità entro il 31 dicembre dell’anno precedente, è riconosciuto un punteggio premiale per la valutazione, da parte delle autorità titolari di fondi europei, nazionali e regionali, delle proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti.
Nei bandi di gara, le amministrazioni aggiudicatrici indicano i criteri premiali che intendono applicare nella valutazione delle offerte a favore delle aziende in possesso della Certificazione.
Art. 6 – Equilibrio di genere negli organi delle società pubbliche: l’art. 6 della legge n. 162/2021 prevede anche per le società in mano pubblica che lo statuto societario debba prevedere il riparto degli amministratori seguendo criteri che assicurino l’equilibrio tra i generi.
Il genere meno rappresentato deve ottenere almeno 2/5 degli amministratori eletti; tale regola dovrà essere applicata per 6 mandati consecutivi, pena la diffida da parte della Consob. In caso di inottemperanza alla diffida, la Consob applica una sanzione amministrativa pecuniaria il cui mancato adempimento comporta la decadenza dalla carica elettiva.
Di concerto con il precedente intervento di riforma, va segnalato un intervento di BankItalia la quale, a mezzo della circolare 285/2013, ha reso obbligatorio per gli istituti di credito, la definizione e attuazione di una politica di remunerazione neutrale del personale rispetto ai divari di genere.
Ebbene!
Dagli interventi riformatori di cui si è appena disquisito, il sistema delineato dal legislatore, sulla tematica della disparità di genere, è perfettamente inquadrato in un’ottica di abbattimento delle barriere di genere, specialmente in campo pubblicistico.
Ciò nonostante, come ogni grande intervento, magari anche epocale, lo stesso non può prescindere dall’intervento della coscienza umana: senza modificare la nostra visione, non potremo modificare il sistema.
Per concludere la presente disamina, e d’uopo operare una riflessione.
Sebbene l’Italia non sia da annoverare tra i paesi che maggiormente operano disparità nei rapporti di lavoro tra uomo e donna, i dati di cui disponiamo lasciano, comunque, un amaro in bocca.
Il sistema di cui facciamo parte non può assolutamente basarsi su tale disparità ma, al contrario, dovrebbe basare tutto la più pura meritocrazia, lasciando la differenza tra uomo e donna alla storia.
Dott. Giuseppe Bellintani